“Ho iniziato tardi la mia ricerca”… no, io non credo. Lo dico da ingegnere!
“Ho iniziato tardi la mia ricerca”… no, io non credo. Lo dico da ingegnere!

“Ho iniziato tardi la mia ricerca”… no, io non credo. Lo dico da ingegnere!

Molte persone dicono: “ho iniziato tardi la mia ricerca”, oppure: “ho sprecato molti anni nell’inconsapevolezza”, o anche “mi sono risvegliata tardi”. La mia esperienza però mi racconta altro. Credo piuttosto che a volte ci alleniamo senza saperlo, per così dire.

In tutta sincerità, io l’ho sempre saputo che non sono “normale”.

Fin da ragazzina capivo benissimo che la razionalità era solo una parte del mio modo di conoscere, che non aveva un gran significato se non affiancata da altri sensi, da dimensioni “altre”. Mi piaceva ascoltare i sogni delle amiche, osservare di nascosto i movimenti delle geometrie nei corpi e nelle emozioni, scavare in me fino a trovare storie, ricordi, visioni senza tempo che poi divenivano racconti, poesie, a volte musiche.

Che fortuna, potreste dire: sapere fin da piccola che esiste un altro mondo, non scordare la magia! Che fatica risparmiata! Si… e poi tra tutte le strade che avrei potuto scegliere, tra tutti gli studi, tra tutte le porte che avrei potuto aprirmi, ho studiato ingegneria.

Onestamente io stessa mi sono più volte domanda cosa mi avesse spinta.

Non avevo proprio i requisiti necessari per quel corso di studi. Non capivo tanti concetti complessi, non amavo il modo di pensare incentrato solo sulla tecnica, non avevo buoni voti neppure con impegno, lezioni private, ripetizioni di corsi e ripassi di ogni genere. Non era proprio il mio, diciamocelo. Però ormai avevo iniziato e non mi venivano offerte tante alternative: o al lavoro (e non si trovavano lavori neppure vagamente interessanti) o avanti fino alla laurea.

Così, tra un part-time al call center e uno al supermarket nel periodo di Natale per aver qualche soldo “mio”, arrancavo tra sufficienze strappate per arrotondamento ed esami scopiazzati con poco onore. Il mio corso triennale pareva allungarsi come i corridoi degli incubi, che corri corri e non si vede mai la fine.

Mi dicevo: “sapevi di non essere normale, allora perché hai scelto questo corso di studi?”

Ci sono momenti lucidi e puliti che a volte si aprono per me ammirando le geometrie. A volte accadono in compagnia della famiglia della tradizione, a volte in solitudine. A volte creo le condizioni sperando si aprano, altre arrivano come doni inattesi. In uno di questi, con semplicità è emersa una forma limpida dal mio percorso di studi, che emanava la sua semplice verità: ho studiato ingegneria per imparare a raggiungere con la magia ciò che solo con la mente mi è inarrivabile.

Realizzare con la magia ciò che alla mente appare impossibile.

Ecco, questo in retrospettiva dona un senso reale e verosimile al mio modo di vivere, descrive con precisione come supero le difficoltà e le sfide. Come sono riuscita a scrivere “il viandante antico”, che anche ora quando lo sfoglio (con una certa immodestia, lo ammetto) mi stupisco? Come ho fatto a cambiar casa che pareva impossibile? Come riesco a ricordare le geometrie sacre della Terra (con un sacco di immodestia, amen!) senza dubbi, in autonomia e con lucidità? Così: mettendo insieme la magia con il pensiero. Facendo quel che senza accorgermi mi sono addestrata a fare per arrivare a concludere gli studi, ad esempio, e con le altre situazioni analoghe del mio percorso.

Come dicevo all’inizio di questo scritto, credo che a volte ci alleniamo senza saperlo. In moltissimi passaggi della vita, che li si scelgano ci si trovi obbligati a viverli, ci stiamo addestrando ad essere chi siamo. Il fatto è che ad un certo momento abbiamo bisogno di mettere in fila i puntini, di fare un passo indietro e ammirare l’intreccio delle nostre vie e dei passi compiuti. Così che possa emergere una “geometria” d’insieme.

Quando accade, tante cose vanno pian piano a posto. Si fa pace con tante parti di noi (non tutte eh! Non esageriamo!). Scompare quella brutta sensazione di aver “perso tempo” e la sostituisce un senso di armonia, di simmetria.

Se vi fa piacere, io sarei felice di sapere se vi ritrovate in questo racconto. Anche voi dite di aver “iniziato tardi”? O di aver “perso tempo”? O magari iniziare a intravedere il disegno sotto il caos apparente? Grazie sempre! ♥️