Varchi tra i veli
Varchi tra i veli

Varchi tra i veli

Tante volte nella vita mi è capitato di sentirmi di fronte a un passaggio stretto, una sorta di fessura tra le realtà. Ho sempre chiamato dentro di me questi momenti “varchi tra i veli”.

Di solito si verificano in corrispondenza di una scelta, ma non accadono per tutte le scelte. Li riconosco perché -a differenza di quanto accade per le scelte ordinarie- in me portano uno stato d’animo pieno di coraggio, risvegliano risorse che normalmente non mi pare di possedere, mi conducono ad una presenza senza tempo.

Allora, risvegliato, il cuore mi palpita: si scalda il petto, si dilatano le costellazioni che l’adornano, vorticano i flussi del sangue e dell’ossigeno.

Il caffè senza avere la cucina richiede un po’ di spirito d’adattamento!

Facciamo un esempio concreto sul momento attuale: cambiare casa. Forse non l’ho raccontato a tutti, ma questo mio “salto” da una abitazione all’altra si è svolto nel giro di un mese: all’inizio di Aprile si viveva in un posto, all’inizio di Maggio si abitava in un altro e il vecchio appartamento era già in possesso di una nuova famiglia. In questo cambio veloce, tante cose si stanno ancora sistemando intorno a noi. Non abbiamo la cucina, nei bagni stiamo finendo di montare i mobili, addirittura una parte di pavimento hanno concluso di posarla da poco.

Come mai tutta ‘sta fretta?, dicono tutti. Non si poteva attendere un paio di mesi e trovar tutto già pronto e sistemato? Certo: nel mondo del pensiero ordinario non c’erano controindicazioni visibili, anzi… sarebbe stato un movimento logico. Tuttavia, so per certo che quando i “varchi tra i veli” si schiudono, non rimangono aperti per molto. Hanno una natura instabile, effimera: o ci salti dentro al volo, oppure aspetti la prossima occasione. Va bene in entrambi i modi… l’importante è non farsi cogliere a metà del passaggio quando si chiude!

…ops!

…ops! 

Alcuni passaggi eclatanti che a posteriori mi hanno insegnato questa regola:

  • A qualche settimana dall’aver lasciato casa dei miei genitori, mio padre si è ammalato: non fossi già stata a vivere altrove, avrei di certo rimandato il mio trasferimento di alcuni anni.
  • Pubblicare la mia prima app per telefonino ben prima di essere esperta mi ha procurato un lavoro che per anni mi ha resa felice: un paio di settimane dopo la posizione sarebbe stata chiusa.
  • Poco dopo la nascita del mio secondo figlio, il suo papà ha cambiato lavoro: se non avessi già avuto il bimbo, non avrei avuto la sicurezza per una seconda gravidanza per molto tempo.
  • Poco dopo aver rassegnato le dimissioni dal lavoro in ufficio è diventato obbligatorio avere il green-pass: non mi fossi licenziata all’inizio della pandemia, avrei dovuto passare una bufera non da poco e non avrei avuto energie per scegliere nulla.

S’apre il varco, la scintilla brilla e poi si spegne: non ha luogo, non c’è spazio per serbarla, scorre e poi svanisce. Come è stato, cosa è cambiato, che nome aveva: non c’è risposta.

Ma non confondiamoci ora: non vorrei sembrasse che sto parlando di convenienza o di saper fare mosse furbe per aver vita facile. No, io sto parlando di RITMO. Parlo del saper riconoscere l’opportunità di scegliere e prendere la via che mi richiama, con tutta la libertà e la responsabilità della mia decisione. Ma non solo, non basta. Più a fondo ancora voglio richiamare la sensazione di coraggio, libertà, selvaggio piacere di vivere che sorge dal passaggio, che sento nutrirmi ogni volta che il varco tra i veli mi chiama e mi ricorda della sua esistenza. Non cambia nulla che io l’attraversi o meno, che colga l’occasione o la posponga: il fatto stesso di respirarne il profumo, scorgerlo formarsi e dissolversi, è balsamo per il ricordo, essenza purissima che risveglia ogni cellula.

Nello schiudersi delle possibilità ricordo oltre ogni dubbio la spinta indomabile alla base della vita, primordiale, atavica. Come un inno antico, mi riporta subito nel cuore il richiamo che sta prima di ogni tempo, che ho seguito nel mio vagare e m’ha condotta si qui. Vi diviene tutto vicino, il tempo ritorna alla sua origine e sono di nuovo giovane, primigenia, piena di forza e vicinanza con la sacralità della vita. È un gioco il resto, una metafora in cui a volte mi perdo e mi confondo, ma in questi passaggi sorge la parte mia eterna, che nulla teme e tutto osa, che pura vibra nel cuore di tutto e degli dei.

In me suona allora un grido, un richiamo profondo e incancellabile, incomprensibile, viscerale. Risvegliati! Risvegliati! mi comanda, sempre ripete e mi scuote, m’avvinghia, m’assedia. Possente, fulgido oltre ogni velo opaco di dimenticanza, con gioia l’ascolto e m’abbandona ogni dubbio: so allora che verrà inevitabile il giorno in cui cederò, mi lascerò riprendere da quella forza innominata e ritornerò nel tempo semplice e totale, dove gli dei regnano sempre immensi, sulla piana della Terra e nel mio essere.
Vittorioso tornerò al galoppo, sulle vibranti distese dei giorni eterni.