“Quelli come noi”
“Quelli come noi”

“Quelli come noi”

È vero: forse “quelli come me” sembrano un po’ scemi.

Non siamo bravi in tante cose ordinarie: io sudo sette camicie per compilare un assegno, qualcuno le suda per mettere una semplice password nel computer, qualcun altro per fare il conto delle spese o per guidare la macchina. A volte qualcuno prova pure ad approfittarsene… e magari ci riesce pure.

Possiamo sembrare svampiti, mezzi matti perché crediamo all’invisibile, infantili perché ci si commuove per una canzone, un cartone animato, un fiore. Possiamo sembrare quelli che creano problemi dove non ci sono perché diamo importanza a cose che per altri sono irrilevanti, per esempio la luce che filtra nella stanza, le sensazioni a pelle, le sincronicità, le metafore che scorgiamo nelle nostre giornate, i sogni.

Possiamo apparire mezzi disadattati, forse in tanti aspetti del mondo ordinario lo siamo davvero.

Io però so una cosa: di fronte alle difficoltà più grandi di me, quelle dove nemmeno un genio troverebbe la soluzione, non è la logica da sola a salvarmi, bensì riuscire ad affiancarle il sentimento e invocare lo spirito. 

Di fronte ai dolori irrimediabili, ai disagi da cui non posso scappare, alle malattie, alle paure ataviche, non mi bastano le risorse ordinarie: devo invocare lo spirito, aprire la mia anima, chiedere sostegno alle mie guide. Come un bambino piccolo, mi devo affidare a qualcosa di molto più grande di me, perché mi protegga e mi accompagni, perché riaccenda la speranza.

Nei momenti bui, la mia sola salvezza è canalizzare: cercare l’incontro di corpo/mente, anima e spirito.

Forse per questo “quelli come me” non possono fare a meno nella vita della ricerca spirituale. Non possiamo dimenticare che esiste altro oltre il pensiero, perché ci serve attingervi! Non ci bastano i soli mezzi della materia e della logica lineare per vivere felici: se ci basiamo solo su questi, ci accontentiamo di essere tardi, malati, un po’ naïf… o peggio matti, incapaci, un peso che altri devono gestire.

Per essere indipendenti, poter inseguire i nostri sogni, poterci godere la vita soli e con chi abbiamo accanto, dobbiamo chiamare in aiuto altri mezzi, altri corpi. Siamo proprio noi quelli che hanno più bisogno di trovare risorse nuove e più ricche, per vivere con onore e felicità, e possiamo sperimentare in prima persona se funziona o meno.

Per questo “quelli come me” (come noi, direi anzi!) sono ricercatori. Non possono essere altro che ricercatori.

Per essere felici non abbiamo altra via. Se fingiamo di essere altro, o proviamo a mettere a tacere le nostre parti non ordinarie, prima o poi il sentiero naturale ci chiama e ci ricorda il profumo della casa a cui apparteniamo. A volte accade con un generale senso di insoddisfazione, a volte con un malanno, a volte con un dolore, una nuova occasione, o un cambio repentino… Quale che sia il richiamo, arriviamo a un punto in cui non possiamo ignorarlo.

Allora, con tante resistenze, tanti giri, tante esperienze, incontri e sogni, via via facciamo pace con chi siamo e con come siamo. Ci accorgiamo che siamo molto, molto più di quanto può emergere solo nelle vie ordinarie e invece di essere “sfigati” o “troppo evoluti” (che alla fine è la stessa cosa), possiamo essere noi stessi e basta. Senza eccessiva enfasi, senza tirarsela o compiangersi, senza manie di protagonismo. Non sembra poi un gran segreto, eppure per me questo è uno dei passi più forti del risveglio: non dividere la difficoltà dalla possibilità, il bisogno dal talento, l’ombra dalla luce.

In base a quel che siamo, né più né meno, iniziamo a fare quel che c’è da fare. Il resto è in mano alla vita.